LE VESTALI

VESTALIA

9-15 giugno

Questi giorni sono sacri alle Vestali, le più celebri sacerdotesse di Roma antica, consacrate alla dea Vesta. In questo periodo le messi sono mature e pronte per il raccolto: le Vestali offrono per questo alla dea Vesta un ringraziamento per la compiuta maturazione delle messi.

Vesta (Vesta) è una dea romana di carattere assai arcaico, corrisponde alla greca Hestia, prima figlia di Crono e di Rea, sorella di Zeus e di Era, vera incarnazione dell'idea di focolare. Anche Vesta presiede al fuoco del focolare domestico. Il suo culto dipende direttamente dal Pontifex Maximus, assistito dalle Vestali. Il suo tempio è rotondo, su modello delle prime capanne del Lazio. Il carattere di arcaicità di questa dea è confermato anche dal suo animale sacro, che è l'asino, animale mediterraneo in opposizione al cavallo,

il sacerdozio

Le Vestali erano le sacerdotesse della dea Vesta, patrona della pace e del focolare domestico.
La loro principale incombenza era tenere acceso e sorvegliare il focolare pubblico nel santuario di Vesta.
Questo fuoco era la dea stessa e la sua vita perenne simboleggiava l’eternità dello Stato.
Esse erano scelte dal Pontefice Massimo tra le fanciulle di buona famiglia tra i sei e i dieci anni, essendo la verginità la principale caratteristica del loro ordine.
Il loro sacerdozio durava trent’anni: dieci di preparazione ai riti, dieci di pratica ed altri dieci dedicati all’istruzione di quelle che sarebbero loro succedute.
A quel punto erano libere di lasciare l’ordine e di sposarsi, ma sembra che molte preferissero rimanere al loro posto.
Ad ogni minima negligenza erano severamente punite dal Pontefice Massimo e se mancavano al giuramento di castità venivano sepolte vive nel campus sceleratus.

Di contro godevano di molti privilegi come muoversi in lettiga, essere precedute dai littori, graziare i condannati, essere sepolte nell’Urbe, ma soprattutto, essere le uniche donne ad avere piena capacità giuridica.

 

L’   a  b  b  i  g  l  i  a  m  e  n  t  o

 

La vestale era sempre e interamente vestita di bianco e dalle statue rinvenute si può desumere l’abbigliamento delle sacerdotesse: esso si componeva di una tunica, una sopravveste (stola) e un mantello (pallium o palla), di lana bianca. Il velo (suffibulum), tenuto da una spilla (fibula), era puntato ad una fascia (infula) che ricopriva loro il capo quasi interamente, lasciando scoperta soltanto la fronte e l'attaccatura dei capelli. Di sotto all'orlo anteriore del suffibulum, appariva la capigliatura, divisa, secondo la rituale prescrizione, in sei trecce (crines), non di capelli propri, ma di posticci, cui si attorcigliavano nastri di lana rossa. Le Vestali portavano questa acconciatura durante tutta la vita; mentre le donne romane erano obbligate ad adottarla soltanto nel giorno delle nozze. La statua meglio conservata dell'atrio mostra sul petto il resto di un monile in bronzo (catenella e medaglione), il quale non sembra facesse parte dell'abbigliamento ufficiale

                  

        

 

FESTE DI VESTALIA


Il culto della dea Vesta viene anch'esso fatto risalire a Numa Pompilio, anche se in realtà la dea è già venerata in tempi ancora più antichi. Vesta rappresenta il focolare domestico e la pace familiare. Le sue sacerdotesse, le sei Vestali, sono considerate le figlie sacre di Enea. l'eroe avrebbe infatti portato i Penati di Troia perché vi fossero custoditi.

In onore di Vesta viene costruito un tempio vicino ai palazzi dei Cesari, nel Foro, dalla particolare a forma circolare in ricordo delle antiche capanne.
Le feste Vestalia si celebrano dal 9 al 15 giugno. In questo periodo il tempio viene aperto al pubblico e le Vestali preparano la "mola salsa", la pasta salata utilizzata in tutti i sacrifici dal cui nome deriva il nostro termine "immolare" col significato di "sacrificare". Ingrediente principale della "mola salsa" è il farro, il cereale che per molto tempo rimane alla base dall'alimentazione, anche se successivamente viene ampiamente sostituito dal frumento. La "mola salsa" viene conservata dalle Vestali in recipienti dalla base molto stretta in modo che il sacro impasto non possa venire nemmeno indirettamente a contatto con il terreno e quindi contaminato.

 

I riti delle Vestali

 

mola salsa

Dal latino mola = macina, e per estensione farro macinato, e salsus = salato.La Mola Salsa è la focaccia sacra utilizzata nei riti religiosi dell'antica Roma.
Era un composto indispensabile nei sacrifici dei romani e si otteneva unendo il farro macinato al sale e all’acqua sorgiva.
Veniva offerta alla divinità, distribuita in piccoli pezzi ai credenti, quale atto di purificazione, oppure utilizzata per cospargere gli animali destinati al sacrificio. Veniva preparato dalle Vestali tre volte l’anno: il 15 Febbraio (festa dei Lupercali), il 9 Giugno (festa delle Vestali, Vestalia) ed alle Idi di Settembre. Il farro usato era coltivato e raccolto dalle vestali stesse, tostato e macinato a giorni alterni tra le Nonae  e le Idi di Maggio (dal 7 al 15)..

Preparazione della Mola Salsa

Sostanzialmente, La Mola Salsa è una focaccia di farro, salata in superficie. La sua preparazione, esclusivamente concessa alla Vestali, seguiva un rituale particolarmente rigoroso.

Il farro doveva essere raccolto, a giorni alterni, nel periodo compreso tra le none e le idi di maius (dal 7 al 15 maggio), mese sacro alla dea Maia, protettrice dei raccolti e della vegetazione. Il raccolto era portato alla Casa delle Vestali, le quali provvedevano a sgranare le spighe, tostare i grani e macinarli finemente.

La farina così ottenuta, veniva impastata con acqua di fonte perenne e formata in tondi schiacciati da cuocere nel forno del Tempio di Vesta.

Contemporaneamente, le Vestali preparavano la "Muries": un condimento formato da sale triturato al mortaio, posto in una terrina e mescolato con acqua, sempre di fonte perenne. Dopo averla sigillata con gesso, le Vestali inserivano la terrina nel forno sacro, allo scopo di asciugare l'acqua in eccesso. Il "Muries" veniva sparso sulla "Mola Salsa" appena sfornata.

captio virginis

La captio virginis, ovvero “ la presa della vergine”, era una  cerimonia nella quale il Pontefice Massimo,(la più alta carica religiosa), nominava una nuova Vestale, scelta tra le fanciulle patrizie aventi dai sei ai dieci anni.
La Verginità era uno dei requisiti essenziali per accedere a questo sacerdozio.
Erano osservati dei rigidi criteri fisici nella scelta, come pure dei criteri giuridici, morali e sociali.
Al momento della cerimonia il Pontefice Massimo prendeva per mano la fanciulla e pronunciava parole rituali.
Dopo la “presa” il Pontefice esponeva alla ragazza quelli che sarebbero stati i suoi doveri e di contro i privilegi che derivavano dal suo nuovo status.
A partire da quel momento la Vestale lasciava la patria potestas e andava ad abitare presso l’atrium Vestae, nel foro romano.

Rivestita dell’abito sacerdotale bianco, per una sola volta le si tagliano i capelli, simbolo di sacrificio, che vengono appesi ad un albero, l’antico loto crinito.

rinnovamento dell'Ignis vestae

Ogni anno alle Calende di Marzo il fuoco sacro, custodito all’interno del tempio, veniva rinnovato dalle Vestali tramite lo sfregamento di pezzi di legno degli alberi di buon augurio (arbores felices), come la quercia, il leccio, il sughero e il faggio o, secondo quanto scrive Plutarco, con la rifrazione dei raggi solari utilizzando un vaso conico di rame, detto scaphium.
Ciò avveniva al di fuori del tempio o in una zona riparata all'interno dello stesso dove potevano entrare solo le Vestali e il Pontefice Massimo.
Poi i tizzoni venivano posti sul focolare.

Il fuoco non doveva mai spegnersi: in tal caso la pena prevista era la fustigazione della vestale responsabile.