Il Legionario

I legionari indossano una tunica di lana con maniche corte e lunga fino al ginocchio, sopra cui mettono una corazza a strisce e scaglie metalliche (lorica segmentata) che protegge la parte superiore del corpo. In testa hanno l’elmo (cassis) e ai piedi pesanti sandali di cuoio fatti di parecchi strati di suola e guarniti di borchie (caligae). La principale arma offensiva è il pilum o giavellotto. E’ composto da una punta temperata in ferro e da un gambo in ferro non temperato inserito in un pesante manico di legno. Per il combattimento ravvicinato c’è ilgladius, spada corta usata di punta e portata sul fianco destro, e ilpungium: un corto pugnale.

 Il fianco sinistro é coperto dallo scutum rettangolare e convesso (semi-cilindrico) che offre al corpo la massima protezione; ha i bordi rinforzati in ferro.
Alla vita indossa il
 cingulum che è una cintura di cuoio con borchie di bronzo, una grossa fibbia forma la chiusura. A questa cinta vengono applicate verticalmente delle cinte di cuoio, con borchie metalliche rifinite alla punta con le più svariate forme di puntali. Questa sorta di gonnellino a protezione dell’inguine è chiamato pteruges.

 

Ogni legione ha per insegna un'aquila d'oro ad ali spiegate, portata sulla cima di una grande asta dall'aquilifer (alfiere); vi sono anche insegne particolari per ogni corpo della legione. Ogni manipolo possiede un signum affidato a un signifer che indica il cammino da seguire nella marcia e in battaglia e un portatore di vexillum chiamato vexillarius.
 

I soldati devono obbedire anche a segnali sonori, gli squilli di tromba e di corno, e la bucina, una tuba più corta e con un disegno leggermente arcuato.

 

Nelle marce di trasferimento, ogni soldato porta tutto con se, persino il materiale per accamparsi: il suo fardello pesava dai 30 ai 40 chili.

FORMAZIONI PRINCIPALI

Le principali tecniche e tattiche di combattimento sono:

 

-          Colonna, o quadrato "Agmine": é la principale  formazione delle centurie, e quella con la quale si schierano in battaglia;

-          Testuggine "Testudo", orgoglio dell' esercito romano, questo schieramento estremamente complesso e richiede notevoli doti di coordinamento collettivo, permette di avanzare sotto il tiro di frecce e dardi nemici, facendo unire tutti gli scudi dei soldati in modo da formare un'enorme "tetto" sotto il quale si "nascondono"molti più legionari di quanti ne sembrasse celare, e ciò costituisce un' effetto sorpresa per i nemici. 

-          Moenia muro di scudi, così chiamata perché è in effetti una "parete umana"era utilizzata per contrastare attacchi con la cavalleria, e attacchi con i carri. Si forma facendo abbassare i legionari della prima fila, con i pila inclinati verso avanti  e infilzati con la parte posteriore in terra, e quelli della seconda fila si avvicinano a quelli della prima alzando gli scudi e inclinando i pila verso avanti.

-           Cuneo "Cuneum" è una formazione d'attacco impiegata dai legionari o dalla cavalleria per sfondare e oltrepassare uno schieramento avversario. Consiste nel fare disporre i soldati o gli equites in modo da realizzare una figura triangolare, quando è pronta questa formazione  si scaglia con la punta rivolta verso i nemici come se fosse un tutt'uno. La particolarità di questo schieramento non è tanto nella capacità di combattimento, quanto nella forza d'urto impressa da questa ultima verso l' unità nemica.

-           Altro schieramento importante è l'orbiter, esso è usato nel caso in cui parti dei milites si ritrovassero isolati dalle altre truppe e circondati dai nemici. In tal caso si forma un cerchio con i legionari posti nella prima fila, e gli altri soldati se presenti al centro. Questa formazione permette una facile difesa, quasi si fosse dietro alle mura di una fortezza umana, e permette di attendere il soccorso delle altre truppe che con l'efficiente sistema di comunicazioni non avrebbero tardato arrivare.

 

LEGIONARIO IN MARCIA

 

Sembra incredibile che in un mondo dove, a eccezione dei pericolosi trasferimenti via nave, il solo mezzo di spostamento disponibile per gli eserciti fossero i piedi dei soldati, la mobilità fosse in realtà uno dei segreti del successo per assicurarsi il predominio politico e militare.

Eppure, fu proprio la capacità di spostare in tempi brevi e a lunghe distanze interi eserciti di decine di migliaia di uomini uno dei mezzi tattici e strategici che per secoli fece di Roma e elle sue legioni la potenza dominante dello spazio europeo e mediterraneo. Fondamentale, si diceva, la capacità di spostamento dipendeva dai piedi dei soldati, ovvero dalla loro resistenza fisica alla marcia. Ovviamente i legionari romani non godevano, per quanto riguarda le semplici capacità fisiche, di particolare superiorità rispetto ai soldati e ai guerrieri che affrontavano e, quasi regolarmente, sconfiggevano.

Quindi, se i piedi erano uguali per tutti, da dove nasceva e su cosa si basava la superiore capacità romana nello spostare i propri eserciti? In effetti, la mobilità, intesa in senso militare, è un concetto piuttosto complesso, che si estende ben oltre il semplice spostamento di un gruppo di uomini armati da un posto all’altro. I soldati, infatti, di per sé non possono far nulla se non sono affiancati da un valido sistema di rifornimenti e da un’organizzazione che non faccia loro mancare nulla di quanto necessario per il sostentamento quotidiano. Ecco, quindi l’importanza della rete viaria, di cui i Romani furono i più celebri costruttori, vitale non solo come asse di spostamento dei reparti combattenti, ma anche per garantire l’indispensabile flusso di rifornimenti. Questi, inoltre, dovevano essere meticolosamente organizzati, tenendo conto delle distanze, del numero di uomini e cavalli da sfamare e approvvigionare, predisponendo depositi, luoghi di sosta, e così via.

E poi, spostare non qualche centinaio ma decine e decine di migliaia di uomini significa prevedere e, in un certo senso, anticipare i loro movimenti quotidiani. Innanzitutto, è indispensabile conservare la compattezza dei reparti, pena il dissolvimento, strada facendo, di tutto l’esercito o di gran parte di esso, trasformandolo così in una massa di dispersi, incapaci di ritrovare il proprio posto. Le distanze erano immutate e il controllo di frontiere di migliaia di chilometri con una trentina di legioni, senza considerare le necessità delle campagne offensive, richiedeva, per forza di cose, la presenza di un esercito mobile, non vincolato stabilmente a dei luoghi di guarnigione. In realtà, le esigenze di controllo delle frontiere e dei territori di confine presero sempre più il sopravvento, ma anche nella tarda antichità, quando le legioni erano divenute in massima parte stanziali, una consistente aliquota delle forze armate imperiali conservava significative capacità di movimento, in modo tale da poter essere rischierate laddove necessario.

 

Ora vediamo come si presentava un legionario dell’inizio del II secolo d.C. all’epoca delle grandi conquiste di Traiano, in assetto di marcia.

 

Partecipare a una campagna militare significava trascorrere la maggior parte del tempo in marcia, precisamente cadenzata secondo orari prestabiliti di sveglia, preparazione, movimento vero e proprio, sosta e costruzione di un accampamento secondo uno schema preordinato.

Durante la marcia, gli equipaggiamenti e materiali pesanti (impedimenta) erano trasportati su carri trainati da buoi o direttamente caricati sul dorso degli animali da soma, grazie ad appositi basti. Ma il trasporto dell’equipaggiamento individuale del soldato (le armi, le razioni di cibo, gli effetti personali, gli attrezzi da scavo) era a carico dei singoli soldati. In questo modo, ciascun militare o, per meglio dire, un piccolo reparto, poteva contare, per qualunque evenienza su quel minimo livello di equipaggiamento che gli avrebbe consentito di cavarsela, sia pure per brevi periodi, anche senza il supposto degliimpedimenta legionari. Per mantenere un buon livello di prontezza, il legionario marciava, quando si trovava in zona di guerra, portando con sé le armi: il pilum, il gladio al fianco, la corazza indossata. L’elmo era portato agganciato all’armatura o al lungo palo a croce portato a spalla (fardello). Lo scudo, avvolto in una fodera che lo proteggeva dal maltempo e dall’umidità (la struttura dello scudo era di legno), era portato sulla schiena.

Gli effetti personali del soldato, abiti e altri equipaggiamenti erano affardellati in un capiente sacca appesa al palo da trasporto. Attrezzi da lavoro e da cucina, picchetti, gavetta, fiasca, completavano il carico individuale.