Romani e galateo del banchetto

 

Gli antichi romani invitati ad un banchetto indossano la vestis coenatoria o synthesis, una veste in lino colorato e leggero, fresca e piuttosto ampia in modo da garantire una certa libertà di movimento; ai piedi si calzano le soleae, sandali riservati all’uso domestico, costituiti da una suola particolarmente flessibile e confortevole e da sottili strisce di pelle da intrecciate sul dorso del piede e legate alla caviglia. E’ uso comune lavare le mani prima del pasto, ma spesso uno schiavo provvede anche a detergere con acqua profumata i piedi degli ospiti. Ai convitati è consentito anche portare commensali non invitati dal padrone di casa: costoro - designati con il nome di umbrae - sono sempre bene accetti, ma non possono prendere posto sul letto triclinare al pari degli altri ospiti e partecipano al banchetto accomodandosi su sedie e sedili (subsellia), come le donne e i bambini. Si mangia sdraiati poggiandosi al gomito sinistro e piluccando il cibo con la mano destra, in una posizione che oggi troveremmo scomodissima, ma che presenta un duplice vantaggio: permettere di ingerire una quantità maggiore di cibo e consente ai convitati di sazi oltre misura di assopirsi tra una portata e l’altra. Questa particolare postura rende però virtualmente impossibile il ricorso alle posate, che richiedono l’uso di entrambe le mani, ed infatti il loro numero è ridotto al minimo: i cibi arrivano già tagliati in piccoli pezzi da schiavi detti scissores, usanza che rende superflua la presenza in tavola del coltello, mentre le forchette non esistono, o meglio sono impiegate unicamente come arnese da cucina. Solo i cucchiai (ligulae o cochlearia) trovano una certa frequenza d’uso, impiegati per raccogliere salse e farinate. Le pietanze sono presentate agli ospiti dai camerieri prima di essere deposte sul repositorium, dove rimangono a disposizione dei commensali; è dunque raccomandata una certa discrezione nel servirsi per non dar luogo a spiacevoli alterchi tra invitati.
“Si evitino quanto possibile le liti e si procrastinino odiosi battibecchi, altrimenti è meglio tornarsene a casa!” si legge sui muri della Casa del Moralista a Pompei, e si tratta di una raccomandazione largamente condivisibile anche ai nostri tempi.
Meno accettabile per noi contemporanei era l'emissione di "rutti" di gradimento alla fine dei pasti. Lo stesso imperatore Claudio emanò un editto in cui autorizzava tutti i convitati al banchetto ad emettere ogni tipo di rumore in assoluta libertà.
“Assumi i cibi appena con la punta delle dita (mangiando ci vuole grazia), non sporcarti la faccia con le mani bisunte”. Queste le ulteriori raccomandazioni di Ovidio per le donne che desiderano rendersi attraenti e piacevoli; tuttavia chi proprio non riesce a non ungersi il volto può rimediare pulendosi con molliche di pane o con un apposito tovagliolo, che oltre a proteggere dalle macchie vesti e biancheria svolge anche un altro compito: alla fine della serata viene utilizzato per raccogliere, a mo’ di fagotto, gli avanzi della cena che gli ospiti portano a casa, secondo una consuetudine tranquillamente accettata. Né questo è l’unico cadeau che allieta i commensali: al momento del commiato il padrone di casa gratifica i suoi ospiti con apophoreta, cioè piccoli doni, come unguenti, olii ed essenze profumate, a ricordo del banchetto.